L’ansia fa parte di noi, a volte, poi, può essere persino “positiva”, ad esempio di fronte a condizioni di stress o di pericolo della vita provare agitazione o ansia è una risposta naturale che ci aiuta a far leva su tutte le nostre risorse per reagire al meglio di fronte a quelle situazioni.
Il problema è quando diventa patologica e cioè tale da privare chi ne soffre della sua libertà. Quando si è vittime dell’ansia, si vive in una costante condizione di paura senza un apparente motivo (perché il reale motivo dell’ansia non sta fuori ma dentro di noi) quindi c’è differenza tra ansia cosiddetta normale e ansia patologica.
Alcune statistiche dicono che, complici in particolare la crisi economica e la precarietà del lavoro, ma anche i fatti di cronaca e le tragedie che si leggono sui giornali o si vedono in televisione, l’ansia negli ultimi anni sia in aumento. Ma è davvero così? Certo sono aumentati negli ultimi anni, lo stress, la solitudine, la mancanza di supporto famigliare e sociale, tutte cose che non aiutano a vivere sereni e può accadere che queste condizioni precarie (che favoriscono, ma non sono la causa dell’ansia patologica) possano facilitare la sua comparsa, anche se in realtà il problema esisteva già nelle persone indipendentemente dai fattori del momento.
L’ansia in generale ha radici profonde che affondano nell’infanzia. Le esperienze fatte in età infantile possono determinare una maggiore probabilità che si manifesti un problema di ansia in età adulta. In particolare può accadere che alcune esperienze infantili producano emozioni talmente forti che il bambino per difendersi se ne allontana, come ad esempio la rabbia, il dolore, la tristezza, la paura, e che queste emozioni rimangano lì ferme come cristallizzate, bloccate. E così può capitare che, a un certo punto della vita, queste emozioni sepolte dentro di sé riaffiorino provocando uno stato ansioso o anche attacchi di panico. In genere si manifestano dopo eventi traumatici, come un lutto o il passaggio dal mondo della scuola a quello del lavoro o una separazione, che rievoca emozioni dolorose non rielaborate nel passato.
Non bisogna dimenticare che l’ansia è un sintomo di qualcosa di più profondo. Perciò se si vuole davvero guarire, bisogna andare dentro di sé, all’origine del problema, lavorando sulla emotività.
I farmaci quindi, possono essere utili se la vita del paziente è gravemente limitata dall’ansia: è compito del medico di medicina generale valutare quest’aspetto, ma poi è necessario orientarsi verso una psicoterapia.
Ma come funziona la psicoterapia in questo caso? Si lavora con il paziente per aiutarlo a riprendere la sua crescita emotiva e a dare un senso a quanto gli sta accadendo ricercandolo insieme a lui dentro la sua storia personale.
Nella relazione terapeutica s’impara ad ascoltare esprimere e analizzare le proprie emozioni. Per riuscire a fare tutto questo, però, è fondamentale che da parte della persona ci sia una forte motivazione a risolvere il problema. Se si vuole uscire dal tunnel, ci si deve mettere in gioco e diventare parte attiva del proprio cambiamento. Spesso i pazienti chiedono di essere curati, ma il vero artefice della loro guarigione è la relazione che si crea tra terapeuta e paziente. Prima però di arrivare alla guarigione ci vuole tempo. Bisogna diffidare di chi promette di curare l’ansia in poche sedute. Per una benefica terapia a lungo termine e per un risultato duraturo sono necessari tempo e impegno da parte sia del paziente sia del suo terapeuta.
Dr.ssa Gabriella Bertuletti
Psicologa Psicoterapeuta a Bergamo
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